È stata pubblicata l’attesa sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione sul tipo di prescrizione che regola le cartelle di pagamento non impugnate nei termini.
Ivi, il massimo Consesso ha stabilito che il termine prescrizionale sia quello breve quinquennale e non quello ordinario decennale.
In particolare, si leggono i seguenti principi di diritto:
1) “la scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento […] pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve […] in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 cod. civ. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato […]“;
2) “è di applicazione generale il principio secondo il quale la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma non determina anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 cod. civ. Tale principio, pertanto, si applica con riguardo a tutti gli atti – comunque denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Con la conseguenza che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 cod. civ., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo“.
L’esito della sentenza risponde a criteri di giustizia ed equità, laddove, una volta tanto, si pongono interpretazioni che non sono “pro-ufficio”. A ben guardare, alla questione, per quanto foriera negli anni di interpretazioni contrastanti, poteva essere risolta già da parecchio tempo, proprio interpretando letteralmente l’art. 2953 cod. civ. quale norma di specie, che in effetti appare chiara. Sembra, però, che a volte (ma non così raramente ahimè) si investano i Supremi Collegi per questioni che divengono complesse soltanto poiché ineriscono interessi economici rilevanti, soprattutto laddove questi appartengono alle massime lobby di potere (fra cui rientra, e lo diciamo non soltanto provocatoriamente, lo Stato ed in primis la sua longa manus in materia di entrate tributarie e riscossione).
Di seguito il link alla sentenza.